Dov’è la vittoria?
Nessuno vincerà nessuna guerra! La guerra è una sconfitta per tutti. Da quando comincia a dopo che è terminata. Ogni volta che scoppia una guerra, abbiamo già perso tutti sempre e ovunque. Non esiste la vittoria, ma solo la vergogna del prevalere di una prepotenza su un’altra.
La vera disfatta militare e civile sta nel non essere riusciti a evitare la violenza di Stati. L’unica vittoria possibile la si celebra ogni giorno che passa senza guerre. È un giorno di festa quando si evita di giudicare ‘gloriose’ le carneficine vittoriose compiute contro presunti infami nemici del passato. Sono anch’esse gravi sconfitte dell’umanità e si prova vergogna a vederle celebrate da monumenti eretti sui cadaveri di poveri disgraziati massacratisi reciprocamente senza motivo perché pochi criminali usciti di senno non hanno risolto i conflitti in modo civile.
Guerra e sconfitta sono sinonimi. La guerra ha un solo esito: la sconfitta di tutti! Della politica, della civiltà, della capacità di ascoltare e mettersi in relazione, di amare il prossimo. Nessun popolo ha mai voluto la guerra. ‘Siamo tutti responsabili per le colpe degli altri’ e la cosa più vile è attribuire la colpa a qualcuno per giustificare la comune incapacità civile di evitare i conflitti.
Chi sono gli eroi?
Anche la guerra al nazi-fascismo fu una sconfitta per tutti e non ci furono né vincitori né vinti, ma solo morti e distruzioni che una politica e delle persone degne avrebbero dovuto evitare. Se per debellare il totalitarismo e il fascismo è stata necessaria una catastrofe mondiale, bisogna cercare i colpevoli dell’ascesa di pazzi al potere e dell’incapacità di contenerli politicamente. Celebrare una serie di carneficine è vergognoso.
I veri e soli eroi sono coloro che hanno evitato le guerre, ma per loro sono poche le celebrazioni e i monumenti. Furono eroi Alcide De Gasperi e Silvius Magnago (e altri con loro) che trattarono l’autonomia dell’Alto Adige e contennero il tentativo di terrorismo e rivolta armata in un’area che aveva subito l’italianizzazione forzata. Furono eroi De Gasperi e Tito che risolsero la questione del confine orientale mettendo fine allo spargimento di sangue. Lo furono De Klerk e Mandela in Sud Africa. E sono molti altri schivi eroi che non si celebrano perché non hanno cercato la gloria militare evitando le guerre mentre stupidi invasati ancora esaltano personaggi prepotenti e sanguinari di cui si riempiono libri di storia scritti male.
Genetica e guerra
Oggi, essere a favore o contro la guerra non dipende più da ideali astratti né dallo schieramento politico: sembra piuttosto una questione genetica. Ci sono coloro che ancora s’infiammano per la violenza e quelli che amano la pace. Anzi amano e basta.
Qualcuno si schiera suo malgrado per la guerra perché ricattato o perché spera di ottenere miseri benefici dalla sua parte politica. E non si vergogna di tradire la sua fede cristiana e le invocazioni del Papa. Costoro sono meschini, ma comprensibili per la loro immoralità o scarsa cultura.
Altri si lasciano andare all’esaltazione della violenza perché insita nella loro ‘natura’, che lodano il ‘vivere pericolosamente’, magari fuggendo poi a gambe levate nel momento del vero pericolo. Gli appassionati di videogiochi di violenza e distruzione.
Vediamo militanti di sinistra esaltarsi per la Resistenza ucraina rievocando la guerra partigiana e il suo linguaggio antico. E considerano ‘partigiani’ coloro che si rifanno al retaggio nazional-socialista di Bandera e del battaglione Azov. I partigiani di oggi – che non lo sono mai stati davvero ma si riempiono la bocca con una retorica da poltrona – assestati di guerra marciano a fianco a fianco con i fascisti a cui l’escalation militare scalda allo stesso modo i loro cuori barbari. Non c’è differenza tra partigiani di sinistra e fascisti di destra riguardo alla guerra di oggi: parlano entrambi lo stesso stupido linguaggio di vittoria e sconfitta come se si trattasse del tifo per una partita di calcio.
Si somigliano molto e infatti amano la guerra, la sopraffazione e il sangue. Finché si tratta di quello degli altri.