Lavoro e rivoluzione del tempo.
Fino a trenta o quarant’anni fa, se la mattina facevi jogging sull’argine, sicuramente qualche veneto laborioso ti avrebbe apostrofato con un perentorio “ma vai a lavorare”! Oggi, siamo abituati a vedere podisti e ciclisti di tutte le età a qualsiasi ora, maschi e femmine di tutte le etnie. Sono frequentati costantemente i centri commerciali, i bar, le palestre, i cinema, i circoli, le associazioni di volontariato, le piste da sci, i corsi di scrittura creativa, di lingue, di yoga, di cucina. Per non parlare di viaggi e vacanze. C’è più tempo per manifestare, protestare e partecipare alla vita civile, associativa e politica sebbene sempre meno persone vadano a votare e si iscrivano ai partiti. Occupazioni una volta relegate nel poco tempo libero del lavoratore, oggi sono per molti la parte principale della vita. Così che, mentre un tempo ci chiamavano con il nome del lavoro che svolgevamo, oggi spesso ci identifichiamo nelle attività non lavorative. I sociologi parlano di società degli stili di vita che prescindono dall’occupazione ufficiale e in gran parte dal reddito, ma dipendono dal modo in cui si passa il tempo in cui non si lavora. Questo tempo è cresciuto a dismisura.Se prendiamo un lavoratore occupato per quarantadue anni a trentacinque ore la settimana e una speranza di vita di 85 anni, è stato calcolato che lavorerà circa l’8% della sua intera vita e il 13% della vita da sveglio. Cosa fa il resto del tempo? Ai tempi di Marx, Turati e Gramsci, il lavoro occupava il 70% del tempo da svegli di gran parte dei lavoratori. Nel corso di un paio di generazioni la parte della vita che dedichiamo al lavoro s’è drasticamente ridotta per motivi sociali e tecnici, ma anche biologici: in media viviamo dieci anni di più che nel 1950 e dall’inizio del secolo scorso la nostra speranza di vita alla nascita è cresciuta di circa il 40%! Il tempo che dedichiamo all’istruzione elementare è diminuito in rapporto alla durata della vita, ma è aumentato quello dedicato all’istruzione superiore e alla formazione continua. Per la prima volta nell’attuale società convivono quattro generazioni, quando solo cinquant’anni fa a stento ce n’erano tre: passiamo tutta l’età adulta e lavorativa alla presenza dei nostri genitori: persino gli psicanalisti ne dovranno tenere conto! Sociologi ed economisti già lo fanno poiché nella stessa famiglia talora abbiamo genitori e figli entrambi pensionati nonché giovani disoccupati o eterni studenti (loro malgrado). Facciamo l’amore sei volte di più che un secolo fa (dato rilevato non si sa come), procreiamo sei volte di meno e ci sposiamo ripetutamente. L’etica del lavoro dei veneti, che ci ha condotto a un’opulenza oggi messa a rischio dalla crisi, la si applica al solo 13% della vita. Per il resto del tempo “liberato” è necessario trovare valori adeguati alla nuova situazione. Su questi dati vale la pena riflettere per riorganizzare le nostre vite nonché l’impresa e un lavoro che tuttora garantisca il reddito e la libertà agli individui. Purtroppo tutto è cambiato tranne i linguaggi sindacale, imprenditoriale e politico che risalgono di fatto alla fine del secolo diciannovesimo. Con la vecchia retorica del dibattito politico sono rimaste cristallizzate anche le rigide soluzioni offerte alla disoccupazione.