La nebbia

Il giorno di Natale, verso l’una viaggiavo in un paesaggio padano con nebbia tra Este e Noventa. Suggestivo come non lo vedevo da anni. La nebbia, che era stata grigia e fitta per tutta la mattina, s’era appena un poco diradata e sempre più il Sole colorava delicatamente i prati, gli alberi, i fiumi e il cielo. Tutto appariva incerto, sfumato, di una bellezza dolcissima e inafferrabile come un desiderio…

Finalmente, la nebbia aveva concesso una breve tregua. Fin da quando ero piccolo, la nebbia, quella fitta fittissima, mi dà la duplice sensazione di soffocarmi talvolta, e più spesso di proteggermi… ma ieri nella bassa pianura padana, con il suo temporaneo diradarsi, era solo magia. Come le favole dell’infanzia, come le nostalgie dell’età avanzata. La bellezza del vago, dell’impreciso, dello sfumato, del desiderio che si trasforma nella tristezza dolce della malinconia.

***

Quand’ero bambino abitavo nell’Oltrepo pavese. Scendevamo dalle montagne di Varzi per andare a Pavia e a un tratto ci trovavamo avvolti da una coltre grigia che sembrava impenetrabile. Alla sera si ritornava e alla nebbia s’aggiungeva l’oscurità. Passato il lungo ponte della Becca dove il Ticino confluisce nel Po, si attraversava Broni e si cominciava a salire per una strada piccola e a tratti sterrata verso la Valle Scuropasso il cui nome evoca l’arcano delle tenebre. Ai bivi, talora mio padre era costretto a uscire dalla macchina per capire quale strada prendere. Decideva nell’incertezza. La mamma e noi bambini tacevamo per la paura. Poi finalmente, si saliva di un centinaio di metri e ritornavi a rivedere le stelle brillare in un cielo scuro e profondo. Sentivi la liberazione dall’oppressione e dalla paura di smarrirti per sempre.

Alle spalle, nella pianura invisibile, immaginavi un mondo confuso, sporco, soggiogato mentre tra le montagne tutto sembrava in ordine, chiaro e pulito. Nonostante fosse notte. Provavi il piacere forte del freddo pungente liberato da quella umidità penetrata fin nelle ossa attraverso i pesanti vestiti sempre bagnati. Erano belli quei contorni definiti e netti dei monti, delle torri, degli alberi dove ti sembra di vedere e capire tutto. Ma non ti è concesso di immaginare niente…

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