Premessa. Votare un partito o lista non equivale in alcun modo a aderire a essi e abbracciarne acriticamente la fede. Si tratta solo esprimere un giudizio di opportunità momentaneo.
Il cittadino elettore ha il diritto di conservare il privilegio della sua libertà e onestà intellettuale ed essere pronto ad andare contro chi ha votato se mancano le condizioni per confermare l’adesione al programma.
Il militante si adegua alle direttive del partito ed è giusto che sia così. Purtroppo, nel caso di accademici e tecnici, una militanza acritica mette in discussione l’autorevolezza personale e delle istituzioni scientifiche e culturali a cui appartengono.
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Sono stato a lungo propenso ad astenermi per i motivi espressi in precedenti interventi.
L’astensione oggi ha senso poiché sottolinea la delegittimazione delle istituzioni e degli eletti. Una vasta astensione legittima la richiesta di un rapido ritorno alle urne dopo una campagna elettorale adeguata (non estiva e improvvisata), sollecitando – anche nelle piazze se necessario – la protesta per l’approvazione di una legge elettorale che consente al cittadino di scegliere e di candidarsi.
Alla fine, però voterò per chi è più determinato e affidabile nelle politiche ambientali, nel ridurre le spese militari e nel sostenere le istanze popolari.
Voterò per chi si è dimostrato in grado di mediare con la destra e la sinistra la cui competizione oggi è solo apparente e limitata al linguaggio e non alla sostanza.
Come s’è espresso anche Tomaso Montanari: se Letta avesse sinceramente visto nella Destra un vero pericolo, avrebbe conservato l’alleanza con i 5stelle per farvi fronte.