“Ben presto, scrisse il Papa emerito qualche giorno prima di morire, mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte”.
Mi hanno colpito le parole di Joseph Ratzinger e su di esse ancora medito, soprattutto in un giorno simbolico come questo ultimo dell’anno in cui si celebra una fine e s’attende un imminente nuovo inizio.
Nasciamo uscendo con difficoltà e paura da uno stretto pertugio e dal buio ‘veniamo alla luce’. Dopo molti e molti e speriamo ancora più anni ritorniamo ad attraversare un’altra intima porta oscura per tornare al buio, oppressi dallo stesso sbigottimento in una diversa incertezza.
Nelle parole di Joseph Ratzinger non v’è alcun cenno al futuro, nulla di trascendente e poco di mistico. Il papa emerito guarda indietro e si concentra invece sulla propria vita passata in vista di quel momento che sente prossimo in cui essa si dissolverà per sempre. Teme, come ognuno, quel passaggio estremo e quell’attimo atteso che ci riporta nel buio eterno. Cerca conforto nel fare un bilancio e trova consolazione in una fede affatto spirituale, ma terrena come la vita di Cristo fattosi uomo e quindi imperfetto (verbum caro factum est). Il giudice amico che è anche il suo avvocato altro non è che una proiezione di sé stesso, la sua coscienza a cui chiede perdono per le debolezze e le insufficienze dimostrate, alleviando così i rimorsi.
Il professarsi ‘cristiano’ del papa emerito si esplica nel perdonarsi senza autogiustificarsi in quel momento breve ed eterno in cui si chiudono gli occhi per sempre. Un atteggiamento laico e mediocre, soltanto umano, immensamente umano.