I traditori di Barcellona

Al Fossar de les Moreres no s’hi enterra cap traïdor; fins perdent nostres banderes serà l’urna de l’honor”., “Nessun traditore è sepolto nella fossa dei gelsi…”. Quando, molti anni fa, lessi questa frase incisa sul lastricato vermiglio della ‘piazza dei gelsi’ a lato di Santa Maria del Mar a Barcellona mi commossi fino alle lacrime. 

Pensai a quante persone sono state trattate da terroristi, traditori della patria, da malfattori per poi essere riabilitati nel momento in cui i fatti vengono alla luce o sono interpretati diversamente. Non si tratta solo di guerre, ma anche di situazioni personali. La commozione fu indotta e accentuata dall’elegante modestia del monumento commemorativo nondimeno pregno di simboli e contenuti. La frase triste, delicatamente raffinata, scevra di roboanti proclami ricorda persone che furono vilipese anche dopo essere state massacrate. Riprende un verso di Federic Soler ‘Pitarra’ e passa inosservata alle migliaia di turisti che la calpestano vagando distratti a zonzo per la capitale catalana.

Vi torno ogni volta che posso e ogni volta mi commuovo. La storia narra di soldati catalani che nel 1714 combatterono contro gli spagnoli per rivendicare l’indipendenza della Catalogna. Solo nel 1989, dopo quasi tre secoli, fu possibile inaugurare la piazza e riabilitare i presunti traditori.

Cosa ci insegna questa vicenda? Perché mi commuove? La storia è piena di personaggi perseguitati, ma dopo qualche tempo sono riconosciuti come eroi e padri della patria. Da Washington ad Arafat, da Garibaldi a Mandela, è lunga la lista dei ‘terroristi’ condannati a morte e trattati da banditi. Un giorno anche Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi, barbaramente uccisi e deposti con provati pretesti, un giorno forse si trasformeranno in universalmente celebrati eroi come già lo sono da gran parte dei popoli che governavano mantenendo la pace e gli equilibri interni.

Il discorso lo si può allargare alla sfera personale: a quanti è successo di non essere capiti, di essere attaccati in modo spregevole; di subire le maldicenze senza potere reagire e vedere gli amici, persino i famigliari, credere alle menzogne e allontanarsi come da un lebbroso?

La vicenda dei patrioti catalani insegna che, prima di emettere giudizi di qualsiasi genere, la persona di cuore onesta e nobile attende e poi, definiti i fatti, il più delle volte comunque tace. Indignarsi immediatamente a seconda di come tira il vento è proprio del volgo più incivile, sia nei casi personali, sia nei giudizi di massa evocati da un’informazione che fa leva sulle emozioni dei più meschini.

Non significa esimersi dal prendere le posizioni, ma di non tollerare mai l’insulto all’avversario e condurre persino le guerre con lealtà e rispetto. Significa sapere ‘riconoscere l’altro’ nella sua diversità e nella sua dignità pur combattendolo con gli argomenti e non con la prepotenza.

Nietzsche sosteneva che ‘chi combatte i draghi diventa drago’: non approverò mai una frase come questa! La civiltà presume di combattere i draghi restando umani.

Se mi avete seguito fin qui… torniamo al ‘Fossar de les moreres’ di Barcellona e pensiamo quante volte siamo stati costretti a cambiare giudizio sulle persone e sui fatti dopo avere umiliato gli altri. Ed evitiamo di farlo ancora.

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