Europei di atletica

Quante emozioni!

Mi sono esaltato per gli europei di atletica. Non mi sono perso una gara. Questo grazie soprattutto agli atleti italiani che sono stati protagonisti in quasi tutte le discipline. Ma anche a tutti gli altri partecipanti.

Complimenti anche a quelli rimasti delusi perché lo sport è emozionante quanto vinci e anche quando perdi. Senza lo sconfitto non può esserci il vincitore e la parte dell’uno e dell’altro l’abbiamo recitata tutti a turno. Nello sport e nella vita. Che si tratti di drammi o commedie dipende dagli eventi e un poco da noi stessi. Sconfitta e vittoria sono la stessa persona con una diversa maschera.

L’atletica italiana ha puntato molto su questi campionati di Roma e ha vinto. Non è stata fortuna, tranne quel poco che aiuta chi sa osare. Sarà difficile mantenere lo stesso livello alle Olimpiadi dove la concorrenza è maggiore. Meno della metà degli atleti visti a Roma saranno presenti e alcune medaglie, anche d’oro dovranno accontentarsi di un posto di finale che sarà comunque un successo.

Dai campionati di Roma abbiamo imparato l’amore per una sana competizione tra giovani che si complimentano tra loro, che apprezzano e ammirano chi li ha battuti e, pur accesi avversari nello sport, sono autenticamente amici pronti a darsi consigli per migliorarsi. Ci si consiglia a vicenda e si apprezzano le prestazioni dell’avversario. In atletica e nello sport il vero e forse unico avversario sei tu stesso. Ricorderò sempre come un ragazzo (che forse mi legge), proprio all’Olimpico oltre mezzo secolo fa, mi prestò le sue scarpe di riserva per correre una semifinale. Con quelle scarpe, lo eliminai dalla finale. Avrei fatto lo stesso e chiunque di quelli che ho conosciuto – dalle gare provinciali alle Olimpiadi – non si sarebbe comportato diversamente. Può sembrare una cosa da libro Cuore, invece nei campi di atletica è normale.

Ho apprezzato anche il telecronista di Sky (però se anche lui si contenesse un poco sarebbe meglio), i commenti tecnici di Baldini portati con semplicità e modestia; le intelligenti ed educate interviste di Federica Frola che ha avuto il buongusto di non farsi mai inquadrare. Se a Roma siamo decollati con bravura e successo, a Parigi dovremo sapere atterrare con la stessa bravura e successo. Dovremo continuare ad apprezzare l’impegno, la competizione, lo spettacolo anche se i protagonisti non saranno solo italiani.

La bellezza dei campionati non sono state le prestazioni dei fenomeni, ma la competizione autentica e la possibilità offerta ad atleti semisconosciuti di accedere alla ribalta. Per questo mi sono divertito molto più che nella imbalsamata Diamond League. Mi sono piaciuti i due occhialuti quattrocentisti: il piccolo svizzero Spitz che sembrava un bibliotecario prestato all’atletica (ma fa 45” sui 400!) e la grassottella e svagata giovane francese Maraval argento dietro la fenomenale Bol.

È stato bello perché ci sono state gare vere disputate non solo dai fenomeni. Hanno partecipato anche atleti di secondo piano. Campioni anche loro, senza dubbio, perché per partecipare a un Europeo bisogna essere molto bravi. E allora la lezione che dovremmo imparare da questi stupendi campionati è la seguente: non sono i fenomeni che attraggono l’attenzione, ma oneste, incerte e autentiche competizioni. Non i meeting, ma per esempio gli incontri tra squadre nazionali o di club dall’esito incerto… Ma ora aspettiamo Parigi…

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