Media e politica
Ho letto il breve pamphlet di Edgar Morin ‘ Di guerra in guerra’. Ero curioso sia perché ho studiato e seguito le opere di Morin sia perché il filosofo francese ha scritto questo libretto alla bella età di 101 anni! Il testo è facile e brillante. Secondo il metodo di Morin non sembra dire nulla di nuovo, ma organizza le conoscenze sul tema in modo tale che alla fine ti consente di comprendere la situazione meglio di coloro che presentano fatti controversi come incontrovertibili verità.
Morin, infatti, non si sforza nemmeno di riportare nuove scoperte, dati, informazioni finora sconosciute e nemmeno di interpretare fatti entrando nei dettagli di essi. Si riferisce ai principi e ai pochi fatti noti e incontrovertibili. Il grande valore aggiunto di questo pamphlet sta proprio nel modo pensare del filosofo francese il quale si concentra su come i fatti sono tra loro collegati, su come l’uno sia l’effetto e assieme la causa dell’altro senza stabilire un processo lineare che porterebbe solo ad attribuire una gerarchia e una sequenza temporale di eventi che implica giudizi rigidi, immutabili e contrapposti.
Morin invece scrive in modo che il lettore, alla fine del libro, non abbia appreso alcuna notizia veramente nuova, ma si renda conto – se sa leggere con attenzione e comprendere il senso dell’argomentazione – di come tutti i fatti siano tra loro collegati. L’autore sposta l’attenzione dalle cose ai collegamenti esistenti tra esse.
Qual è la conseguenza di questa scoperta? Che, al di là di alcuni principi da cui non si deve prescindere, le nostre azioni e quelle degli altri (sempre che di ‘altri’ si possa parlare) sono collegate. Se studiamo le relazioni tra fenomeni, persone e azioni, anziché le persone, le azioni e i fenomeni ci rendiamo conto come tutti noi siamo parte di un unico sistema. E come ripete spesso Dostoevskij nei Fratelli Karamazov: “Nessuno è innocente per le colpe degli altri”!
Aggiungo tuttavia due ulteriori osservazioni. Anzi due argomenti mancanti sui quali riflettere: la politica e i media. Quanto alla politica, Morin trascura la questione di come le guerre, e prima di tutto la Seconda guerra mondiale, si sarebbero potute evitare. Oggi, abbondano strumentali e vergognosi paragoni tra la Germania nazista e la Federazione Russa al fine di giustificare una guerra imperialista che stiamo portando per espanderci a est e appropriarci delle ricchezze e dell’area di influenza russe.
Non si legge invece alcuna critica alla politica occidentale su come si sarebbe potuta evitare politicamente quella truculenta strage perpetrata da ambo le parti che fu la Seconda guerra mondiale. Si dà per scontato che la soluzione agli eccessi del Nazismo fosse solo la guerra e quel tipo di guerra. Non si discute se, facendo alcune concessioni ragionevoli, non si sarebbe potuto cambiare il corso degli eventi ed evitare la radicalizzazione del nazismo e del fascismo.
Non si parla di condanne per crimini di guerra a chi ha lanciato le bombe atomiche su civili – aggravato dall’odio razziale – e assassinato centinaia di migliaia di civili con i bombardamenti delle città tedesche. Nel saggio di Morin tutto questo è appena accennato e solo implicito a chi ne conosce l’opera, ma non emerge così chiaramente come sarebbe opportuno in questi mesi. Nel pamphlet, pur denunciando i crimini, non si percepisce odio e violenza per nessuno, nemmeno per i nazisti.
La seconda osservazione riguarda i media. L’ultracentenario filosofo scrive a un certo punto: ‘I nostri media indicano un solo imperialismo, quello russo…; sono muti sull’altro imperialismo che interviene ovunque sul globo, contravvenendo spesso, come la Russia in Ucraina, alle convenzioni internazionali’.
Questo lo sapevamo. Non sappiamo invece chi controlla i media.
Morin lascia pensare – coerente con la sua impostazione – che anche sui media l’opinione si formi in modo spontaneo, cioè secondo un sistema di relazioni, di azioni e reazioni. Alla fine questo sistema conduce alla formazione di una corrente principale che si afferma nei media occidentali da cui le masse ricevono le uniche informazioni. Non solo le masse occidentali, ma buona parte di quelle dell’intero mondo a causa della potenza tecnica, finanziaria e anche per le indubbie capacità operative dei grandi media.
Oggi, però, questa idea non basta più a spiegare la realtà dell’informazione contemporanea. I media non sono più una vox-populi che si forma nell’ambiente umano come si desume dal saggio di Morin. Abbiamo a che fare, come mai prima, con aggregazioni di potere enormi, di imprese la cui proprietà e il controllo è detenuto da industrie (anche militari), dalla finanza e persino la cultura, l’editoria, il cinema, la musica sono concentrati nelle mani di pochi operatori.
Quindi, non basta dire che i ‘media indicano un solo imperialismo’ e sono muti su quello americano! Sarebbe opportuno fare nomi e cognomi, cercare informazioni, leggere le biografie degli Amministratori Delegati, dei politici, dei direttori di giornali e dei proprietari dei giornali e delle reti televisive per renderci conto che parlare di democrazia significa coltivare un’illusione.
E se è vero che una democrazia del tutto compiuta non c’è mai stata, oggi in occidente è scomparso anche il pluralismo che ne costituiva un’approssimazione abbastanza soddisfacente.