Estratto da “La cattedrale dissolta” di Corrado Poli, pubblicata da CLEUP, Padova, 2014.
… Il nonno Jacob non era quel che si dice un vecchio brav’uomo, saggio ed equilibrato, come ci si aspetta siano i nonni dei racconti. Era – è vero – un buon nonno, affettuoso e premuroso con il nipote a cui non faceva mancare niente, soprattutto non gli faceva mancare un affetto disinteressato e costante. D’altronde anche i peggiori criminali e assassini sono talora ottimi figli, adorati mariti, padri generosi. Jacob era un buon nonno, ma per il resto era un vecchio bisbetico, corrotto, imbroglione, vizioso, avaro e avido. Lussurioso, goloso, iroso, superbo e supremamente invidioso. Accidioso, per completare. La sua cecità, sopravvenuta in età matura, aveva accentuato i suoi difetti e peggiorato le sue relazioni con il prossimo. Accumulava tutto quanto poteva, risparmiava il centesimo. Soleva ripetere che: “Il denaro è tutto e tutto quanto può essere trasformato in denaro ha reale valore. Non è la possibilità di usare un oggetto che dà valore ad esso, ma la sua capacità di essere trasformato in denaro”.
Il vispo Dolittle gli obiettava: “Il denaro di per sé non puoi mangiarlo, non puoi usarlo per divertirti. Meglio avere un gelato in mano che un dollaro in tasca!”. Quando crebbe ancora qualche anno gli disse in modo più astratto: “Insomma, nonno, il denaro è un mezzo non un fine!”.
Ma il nonno aveva sempre la risposta pronta al riguardo: “Ti sbagli Dooy. La vita è fatta di simboli e il denaro è il simbolo supremo. Quando io ho un conto in banca – non importa di quale ammontare – anche se non compro niente, posso immaginare di avere tutto quanto potrei comprare con quella somma. Se non spendo quella somma, il suo valore diventa infinito. È vero che non posso immaginare di comprare cose dal valore superiore al danaro che possiedo. Ma posso immaginare tutte le opzioni e in questo modo possederle tutte. Certo, più elevata la somma, maggiori sono le dimensioni dei potenziali acquisti. Se spendo i soldi, quella somma si trasforma in cose o persino in emozioni, che si immobilizzano nel tempo e non le posso più cambiare con la mia sola fantasia. Quindi il denaro stimola la fantasia e ci libera dal tempo. A differenza delle cose, inoltre, il denaro non invecchia – se ben investito – né si esaurisce come le emozioni. A me non importa avere un oggetto, mi interessa immaginare di poterlo avere. Il denaro è la vera poesia della vita, la forma più pura di immaginazione”.
“Ma nonno, potresti immaginare una cosa, anche senza avere il denaro per potertela comprare!”.
“La tua osservazione non è sbagliata, ma non funziona così. L’immaginazione deve basarsi su qualche elemento concreto, su una possibilità di realizzazione. Il denaro – che di fatto altro non è che un numero – rappresenta il potere. Nel momento in cui usi questo potere, cioè spendi il tuo denaro, esso si annulla, si consuma. L’equilibrio è dunque instabile ed è basato molto più sull’immaginazione delle cose, che non sulle cose stesse. Se consumi il denaro per avere una cosa concreta, essa sostituisce l’idea con un oggetto. Poiché l’oggetto è per sua natura imperfetto, o più imperfetto dell’idea che te ne sei fatta, possedere materialmente un oggetto scalfisce l’idea che ti sei fatto di esso. Il bilancio finale comporta quindi un’evidente perdita di valore totale”. E aggiungeva: “La scarsità del denaro crea valore e rende più preziosa l’immaginazione”.
Doolittle capì perfettamente che il nonno aveva torto. Ma quel giorno comprese soprattutto un’altra cosa: che non aveva argomenti per obiettare. Li avrebbe sviluppati quando sarebbe cresciuto? Forse. Ma in cuor suo sapeva che, se pure il modo di pensare del nonno aveva una sua logica, era sciocco pensare in quel modo. Piuttosto che sprecare tempo a convincerlo, era meglio ignorarlo. E questa convinzione la mantenne per tutta la vita….