Una pallavolista transessuale – Tiffany – che giocava nella serie B maschile belga, una volta cambiato sesso, è stata tesserata in Italia tra le donne. Le polemiche (accese) e le riflessioni si sono concentrate sugli aspetti psicologici ed etici, trascurando i contenuti sportivi. Per di più di uno sport giocato da professionisti. Si tratta di un tema di grande attualità anche fuori dal mondo sportivo. Le posizioni sono molte e contrastanti sebbene appaia inarrestabile la tendenza all’accettazione della libera scelta del soggetto e il suo diritto di essere parte a pieno titolo della società anche se cambia sesso.
Nello sport i problemi si complicano. Nel 2015, una commissione di venti esperti scelti tra medici, legali e altri specialisti convocata dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale) ha stabilito i criteri di “riassegnazione del sesso” nello sport. Sono state stabilite linee guida precise tra cui che: (a) i trans-atleti non devono essere esclusi dallo sport, ma compito delle organizzazioni sportive è garantire la lealtà delle competizioni; (b) il cambiamento chirurgico del sesso anatomico non è più un requisito preliminare; (c) coloro che transitano dal sesso femminile a quello maschile sono idonei a competere senza nessuna restrizione; (d) coloro che transitano dal sesso maschile a quello femminile sono idonei a competere a condizione di rispettare alcuni parametri di testosterone chiaramente fissati per periodo stabiliti.
Ma la questione non è risolta poiché subentra un problema la cui soluzione appare molto più complessa dal punto di vista propriamente fisiologico e agonistico.
I livelli di testosterone, prima e dopo l’operazione, possono rientrare nella norma stabilita. Ma durante l’età della crescita dell’atleta i livelli di testosterone e di altri ormoni hanno determinato al transessuale uno sviluppo muscolo-scheletrico e un’antropometria maschile. Altrettanto si può dire di alcune vie metaboliche energetiche che presentano differenze sessuali a favore dei maschi dal punto di vista delle prestazioni sportive. Quindi limitare la sola differenziazione a livello ormonale del testosterone è riduttivo. Tra l’altro, nelle femmine i valori di testosterone erano abitualmente attorno 0,2/0,4 mg/mol con qualche punta a 0,6 mentre nei maschi si arrivava attorno ai 4,2. È molto più verosimile trovare valori di 2,88 mg/mol negli atleti maschi che non nelle donne. Le differenze di prestazioni atletiche fra maschi e femmine sono sotto gli occhi di tutti. Risulta chiaro che il passaggio da uomo a donna favorisce notevolmente il transessuale in ambito sportivo.
È ovvio che bisogna battersi contro ogni discriminazione nel permettere di praticare sport a chi è passato dal sesso maschile a quello femminile. La questione si pone in modo molto diverso se si tratta di sport professionistico per vari motivi. Anzitutto perché potrebbe incoraggiare la corsa al transessuale diventata femmina – dopo avere avuto uno sviluppo antropometrico da maschio. In secondo luogo perché tutti noi abbiamo dei limiti anche fisici nel praticare sport e altre attività. Non possiamo pretendere di giocare a basket (maschile) se siamo alti un metro e sessanta, né un maschio può avere la stessa grazia di una femmina nel praticare nuoto sincronizzato. Ma poniamo anche la questione dell’eguaglianza di generi. Se io buona atleta femmina, alta un metro e settanta mi opero per diventare maschio, potrò mai diventare un professionista della pallavolo o del basket? Casi di passaggio dalla categoria femminile a quella maschile sono rari se non nulli. Quindi si tratta di una discriminazione che penalizza le atlete femmine che decidono di diventare maschi.
La pallavolista Tiffany ha già disputato due gare, rilasciato interviste e partecipato a trasmissioni televisive in cui ha dichiarato che visto che sino a ora non ha guadagnato molto giocando con i maschi ora è arrivato il momento di monetizzare. Come si vede, la stessa atleta parla di una vera professione agonistica che presume considerazioni diverse da chi pratica l’attività sportiva per semplice divertimento. In questo caso la transessualità la pone in una posizione di vantaggio. Il problema non è affatto semplice. In questa vicenda sono comprese questioni di bioetica e di diritto della persona, ma anche implicazioni economiche e giuridiche non secondarie: non stiamo parlando del bullismo di un gruppo di liceali che rifiuta il diverso, ma di un’attività di sport professionistico e spettacolare che fa circolare rilevanti investimenti.
Corrado Poli con la collaborazione di Gian Paolo Chittolini preparatore atletico di Volley