Non si aspettava altro che un provocatore – La Russa – se ne uscisse con un’improvvida frase per sollevare la stantia retorica dell’antifascismo in preparazione del 25 aprile.
La lotta di liberazione non fu soltanto una sanguinosa guerra all’antifascismo.
Gli animi davvero nobili non si battevano solo ‘contro’ il fascismo, ma ‘per’ fondare una nuova società che sostituisse un vecchio mondo che aveva fatto il suo tempo e aveva più o meno volontariamente favorito l’avvento della dittatura.
I partigiani della lotta di liberazione aspettavano il sorgere del Sole dell’avvenire, volevano realizzare la giustizia tramite il comunismo o affermando i valori liberali e cristiani.
Gli animi più nobili che parteciparono alla lotta di liberazione imbracciarono loro malgrado il fucile mentre i più meschini – dell’una e dell’altra parte – approfittarono della guerra per sfogare i peggiori istinti.
Questa polemica sulle stupidaggini di La Russa sembra fatta apposta per dividere l’opinione pubblica su fatti di un secolo fa con il solo fine di mantenerla unita oggi nel sostenere un pensiero unico di fatto.
La sinistra ha buon gioco a esaltare solo i valori della guerra partigiana per giustificare l’aumento delle spese militari senza dire una parola di pace, senza distinguersi e prostrandosi acriticamente all’imperialismo degli Stati Uniti e della NATO.
La sinistra si dimentica di come quella lotta di liberazione aveva radici profonde ed era prima di tutto un progetto alternativo al vecchio mondo e per questo la consideriamo davvero vincente.
La sinistra – compresa quella liberale – si affermò nella cultura, nell’innovazione sociale e diffuse nuovi comportamenti garantendo numerosi diritti ai cittadini prima inimmaginabili e non solo perché negati dal fascismo, ma da tutto un vecchio mondo al tramonto.
Oggi, questo progetto manca clamorosamente e si cerca maldestramente di nasconderne l’assenza con un antifascismo falso, inutile e bellicoso.
Ma soprattutto nostalgico e rivolto al passato.
Come possiamo celebrare la liberazione – che significava la fine della guerra – quando il Parlamento vota quasi compatto per l’aumento delle spese militari?
Quando la sinistra (e Mattarella) non contesta con veemenza un ministro della difesa collegato all’industria delle armi?
Quando la sinistra alza la voce – e solo la voce – per le scempiaggini di uno scemo che forse poi non è nemmeno scemo, ma provoca opportunisticamente per stornare l’attenzione dalle cose serie con la complicità dell’opposizione.
Con la connivenza dell’antifascismo vuoto, retorico e superato di una sinistra rivolta al passato.
Il 25 aprile si celebra una liberazione che solo secondariamente e penosamente si conseguì con le armi.
Nel 2023 non si celebri più la ‘guerra’ di liberazione, ma la Festa della Liberazione, la Festa per la fine della guerra (repetita iuvant).
Si pensi oggi al 25 aprile come l’esito di un movimento guidato dal pensiero, dalle speranze, dai progetti e dall’impegno attorno a cui un popolo nuovo si aggregò fondando la pace per avere la democrazia e la giustizia.