“Basta medioevo”! Così sbottò la mia compagna di viaggio durante un lungo tour della Toscana e dell’Umbria una ventina di anni fa. Tra le stradine di Gubbio scoppiammo in una sonora risata perché la frase rappresentava perfettamente lo stato d’animo che avevamo maturato dopo quasi una settimana a gironzolare tra Cetona, San Cassiano, Chianciano, Montalcino, Pienza (questa è un po’ diversa, ma alla fine non tanto), Arcidosso, Orte, Orvieto e quant’altre mai. Certo, luoghi magnifici, interessanti. Pieni di storia e leggende, misteriosi quel che basta per immaginarsi fantasmi di eroici cavalieri, di santi predicatori e di crudeli signori aggirarsi tra quelle pietre che da lì non si sono mosse per mille anni e talora duemila e più, vista la discendenza romana ed etrusca di tanti di quei borghi. Il fascino di questi paesi abbarbicati sulla cima di montagne è innegabile. Ti addentri per minuscole stradine che talora si confondono con cortili, piccoli e grandi castelli, logge, brevi porticati, piazzette del mercato, scale a vista, in un disordine urbanistico – solo apparente? – che oggi sarebbe inaudito nelle nostre città, ma che attira i turisti nei borghi medievali. E il turismo e le nuove residenze restaurate, ridanno vita a centri che sembravano sul punto di morire negli anni Sessanta. Un urbanista contemporaneo potrebbe definire queste costruzioni come una serie di abusi edilizi: case rialzate, aggiunte, edifici e torri collocati nel bel mezzo di una via senza preoccuparsi di bloccare la viabilità. Abitazioni costruite come appendici di antiche chiese. Chissà se gli abitanti allora ne discussero e cercarono di opporsi. Probabilmente, molte controversie, piuttosto che con un ricorso al TAR, allora si risolvevano facendo volare qualche testa. Tra queste viuzze medievali, non ci si stanca mai di trovare uno scorcio interessante, decorazioni inattese e capitare improvvisamente, girato un angolo, davanti a un panorama mozzafiato. Si viene presi da un desiderio compulsivo di fotografare tutto perché tutto sembra svanire pur nella stabilità delle pietre. E nulla si trattiene di queste città a causa dell’immane diversità accumulata nei secoli, ma anche – e direi soprattutto – perché in queste città sembra mancare una logica che ne permetta di coglierne l’anima nel suo insieme. Sì, il borgo esiste ha un nome, una storia e una struttura, ma si articolano in talmente tanti dettagli da perdersi nel ricercare un filo conduttore. Ti rendi conto che queste case affastellate hanno una loro razionalità, ma soprattutto esprimono un’anima… che sfugge come un fantasma. Il fascino del borgo medievale sta in questo desiderio di inseguire e cercare quel che non si vede, ma si sente che esiste. Tuttavia, un desiderio, per definizione, è irrealizzabile e questi borghi, tutti diversi e tutti eguali, dove ogni dettaglio non somiglia all’altro, sono inafferrabili. Se ti lasci trascinare dai desideri ne diventi schiavo e continui a vagare e cercare senza sosta. Se invece riesci a liberarti da questa dipendenza dalle cupe e strette viuzze, prendi la macchina e ti rechi in una città rinascimentale, barocca o moderna dove la razionalità è evidente e unica, la bellezza esibita, gli spazi accessibili è allora che puoi finalmente prorompere in un liberatorio: “basta medioevo”!